Come possono i poveri, i disoccupati, gli ultimi, far sentire la propria voce nel declino odierno dei regimi democratici? In diversi paesi del sud del mondo, i gruppi subalterni hanno costruito percorsi di governamentalità dal basso, vera e propria «politica popolare», oltre le forme della democrazia liberale. Il libro intende analizzare l’irruzione della «politica popolare» nel meridione del Vecchio continente, presentando i risultati di una ricerca svolta nelle campagne dell’Italia meridionale e dell’Andalusia. L’autore riparte dalle «schiene curve» nei campi per rintracciare le forme più estreme dello sfruttamento, e le esperienze più innovative di autorganizzazione di soggetti la cui apparente invisibilità supporrebbe come unica risorsa la generosità umanitaria. Piuttosto che attendere silenti la compassione altrui, questi invisibili li ritroviamo a occupare le terre, le piazze e le strade delle città, a contrattare e discutere con ministri e multinazionali, a imporre politiche «eccezionali», a ridisegnare in profondità i territori nei quali vivono. L’esperienza del «Sindicato Obreros del Campo» nella provincia di Almerìa e del «Movimento Migranti e Rifugiati di Caserta» nell’area di Castel Volturno, vera e propria capitale nella geografia delle migrazioni, sono i contesti e le esperienze di autorganizzazione del bracciantato migrante sulle quali il libro si sofferma, con l’intento di evidenziare lo spazio crescente della società politica dei subalterni nella postdemocrazia contemporanea.
Pagine: 192
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